IL RESTO DEL CARLINO     

30-1-1954

 

Nell’anno 1685 in cui il Collegio dei Nobili ebbe la sua più rigogliosa fioritura s’incominciò a tenere il ruolo degli alunni distinto alfabeticamente per decenni e continuò fino al 1760. 

Per tre decenni l’ uso fu abbandonato e quando nel 1800 si riprese, si dimenticò di rimediare alla lacuna. Comunque si sa che molti furono i nomi illustri scritti in tali ruoli e che il principe ereditario di Norvegia, Federico Delmenorst e Carlo Antonio di Hohenzollern vi furono nel decennio 1680-1690. Scipione Maffei vi fu pure nel medesimo tempo e Benedetto Odescalchi da Como, che fu papa Innocenzo XI, proclamò il Collegio dei Nobili “re di tutti i collegi”.

Il Cardinale Principe Alessandro Spada, il conte Gastone Della Torre di Rezzonico, che succedette all’Abate Frugoni nella carica di segretario della nostra Accademia di Belle Arti, il pittore Giovanni Tiepolo, il Cardinale Gonzaga e il celebre ministro spagnolo Don Pietro D’Aranda ebbero nel Collegio la loro completa educazione.

Ma forse il vanto maggiore della celebre istituzione fu di aver avuti allievi, per oltre un decennio, il conte Pietro Verri e Cesare Beccaria. Il primo fu anche eletto il Principe dell’Accademia degli Scelti nel 1748.

Nel 1662, come abbiamo detto, per iniziativa del secondo Ranuccio Farnese, fu istituito nel Collegio l’Accademia degli Scelti con lo scopo di eccitare e mantenere la diligenza e l’emulazione tra gli allievi. Ogni 6 mesi fra questi veniva eletto un Principe che aveva per impressa  araldica un alveare con poche api in parte volanti, in parte posate su gigli. Il motto era “VOS TANTUM EX ALIIS”. 

E’ da notare  che il collegio aveva già per simboli i gigli azzurri dei Farnese e un alveare posto nel centro di un fiorito giardino, con attorno api sciamanti

 


e il motto “VOBIS ATQUE ALIIS”. 

Nei primi anni l’ Accademia ebbe carattere e indirizzo letterario, si sviluppò in tre classi: lettere, arti e speculative. A ciascuno dei Principi era concesso il particolare onore di lasciare al collegio il proprio ritratto dipinto ad olio.

 Si venne per tal modo a costruire una precisa raccolta di ritratti, importante anche per la storia del costume italiano durante più di un secolo. Gli autori di tali ritratti – e ve ne sono di eccellenti - sono tutti ignoti, oggi se ne contano ben 139. Senza dubbio nessun collegio italiano può vantare una chiesa più ampia e più bella di questa, con quadri  del pregevole pittore parmigiano Giovanni Gaibazzi, arredi eleganti e autentici e una sagrestia vasta quasi quanto la chiesa con alcune notevoli tele.

Il piccolo teatro convenientemente attrezzato è ornato degli affreschi allegorici dovuti pure a Giovanni Gaibazzi. Il sipario è opera dello scenografo Gerolamo Magnani che ha dipinto anche alcune scene e fondali.

Abbiamo già detto della ricca raccolta di ritratti, disposti nei due lunghi e luminosi atri e lungo uno scalone che è un gioiello di leggera eleganza. 

Una bella biblioteca con attigua una grande sala detta dei Giganti per i mitologici affreschi di Lattanzio Gambara, attendono il visitatore al primo piano. 

Molti oggetti artistici di varie epoche – da frammenti d’ armi e di lucerne preistoriche a sbalzi in rame giapponesi - sono in deposito presso il museo d’Antichità di Parma.

Nella precedente residenza del Collegio, durante i lavori di scavo per i nuovi bagni, fu scoperto un avanzo del famoso anfiteatro romano ed è peccato che sia stato del tutto guastato: i parmigiani avrebbero potuto farsi un’ idea della solenne architettura dei loro conquistatori romani

 

A. M. AIMI