Intervista

al Rettore dott.Nunzio Petrillo

 

1.      In quale anno ha assunto la carica di Rettore e per quanti anni è rimasto in servizio?

Nel 1982, era i1 1°ottobre; allora l’anno scolastico non iniziava il 1° settembre ma il 1° ottobre. Sono stato quindici anni come Rettore e quattordici come Vicerettore, complessivamente ventinove anni. Ho lasciato il Convitto nel 1997.

2.      Chi l’ ha preceduta?

Il Rettore Ciofani che è rimasto dal 69/70 sino all’82.

3.      Che studi bisogna seguire per intraprendere la carriera di Rettore?Bisogna innanzitutto conseguire un diploma di laurea presso una delle Università italiane. Importante è però avere una formazione di tipo pedagogico e una competenza giuridico- amministrativa.

4.      Che cosa lo ha spinto a diventare Rettore di un Convitto? Il caso, anche se sembrerà strano. Io svolgevo la libera professione, facevo l’avvocato e insegnavo. Il Provveditorato agli Studi di Avellino riteneva però che le due attività fossero incompatibili e aveva avviato la procedura per la destituzione dall’impiego. Pensai allora che la migliore soluzione fosse quella di presentarmi al primo concorso direttivo che fosse capitato. Mi classificai fra i primi per la carica di Vicerettore nei convitti Nazionali e scelsi Parma.

5.      Quali tappe hanno caratterizzato la sua carriera? In quali città le ha percorse?

Quelle fondamentali sono quattro: ho svolto la prima attività come docente ad Avellino, a vent’otto anni, poi ho vinto il concorso direttivo, sono stato nominato Vice rettore e sono stato assegnato al Convitto Nazionale di Parma, dove sono rimasto dal 1960 sino al 1974, anno in cui ho assunto la carica di Rettore a Genova; a Genova sono rimasto fino al 30 settembre 1982.

6.      Quali cambiamenti si sono verificati durante il suo Rettorato?

Ci sono stati motivi di cambiamento che non sempre però hanno dato luogo ad un cambiamento educativo; la tradizione di questi istituti è una tradizione molto forte, che resiste assai spesso alle innovazioni; queste non trovano facile attuazione e stentano a realizzarsi. Per quanto riguarda l’educazione vera e propria gli schemi fondamentali sono rimasti invariati, anche se il rapporto tra docente e alunno ha subito qualche sostanziale modifica. Invece alcune cose dal punto di vista strutturale sono state effettivamente rinnovate, come la struttura edilizia dell’Istituto che ha subito dei cambiamenti, addirittura una rivoluzione rispetto agli anni ’50 e rispetto poi agli anni ’60.

7.      Quali iniziative sono legate al suo nome?

Sono diverse, soprattutto quelle strutturali, rifacimento delle facciate, risistemazione degli interni, delle stanze dei convittori che non fruivano ancora dell’acqua calda. Sono state restaurate e recuperate delle aree completamente abbandonate. Sul piano della formazione dei giovani sono state avviate numerose iniziative. Il personale educativo è stato coinvolto nelle attività della scuola e gli istitutori per la prima volta sono entrati a far parte del Consiglio di Classe, mentre prima gestivano semplicemente il pomeriggio. Un altro obiettivo che mi sono sforzato di raggiungere è stato quello di dare effettiva continuità all’istituzione nel senso che non ci fossero tagli al termine della scuola elementare, al termine della scuola media e quindi delle superiori. C’era in programma anche un diploma post-secondario, cioè un diploma dopo la maturità. Altra iniziativa è stata quella del Liceo Europeo, una scuola d’avanguardia, un perfezionamento del progetto “Brocca”. Lo schema fondamentale del Liceo Europeo è stato da me ideato e poi realizzato con l’aiuto di ispettori centrali. Il progetto “Brocca” nasce dalla necessità di ristrutturare il liceo Classico tradizionale, ritenendolo  insufficiente per la formazione completa dell’alunno. Il Liceo Europeo è nato sulla base della tradizione classica, innestando però nuovi insegnamenti quali quello delle lingue straniere e del diritto.

8.      Sappiamo che si è battuto molto per avere una nuova palestra; che cosa ha fatto? Che risultati ha ottenuto?

Positivi, senz’altro, in quanto dopo 3-4 anni sono riuscito a ottenere la licenza edilizia, dopo un lungo braccio di ferro con il Comune che riteneva che per l’impatto ambientale non potesse essere costruita una seconda palestra, in realtà un ampliamento della prima. Attraverso controdeduzioni di natura strettamente tecnico-giuridiche ho ottenuto la licenza, ma i fondi che mi erano stati assegnati, 900 milioni, si sono rivelati insufficienti. Chi mi ha succeduto perciò si è trovato nella necessità di dovere cercare altre forme di finanziamento, poiché il progetto ha un costo ora di 1 miliardo e mezzo di lire. Sono insorti poi altri ostacoli da parte della Soprintendenza ai Beni culturali, che a me non aveva allora negato l’autorizzazione. A suo tempo avevo fatto fare un sondaggio: in realtà non è emerso nulla del famoso anfiteatro che risale all’epoca di Giulio Cesare e della colonna Julia. Dell’anfiteatro non rimane che qualche sassolino..

9.      Quali altre “battaglie” ha fatto per la scuola?

Molte. In particolare, quando ho istituito il Collegio Europeo ho incontrato difficoltà enormi. C’è ancora una mia memoria agli atti dove devo vincere la resistenza del Ministero della Pubblica Istruzione per ottenere l’approvazione della delibera del Consiglio di Amministrazione e così pure per il Liceo Europeo. Ho sostenuto per questo battaglie anche contro gli enti locali che volevano utilizzare il Convitto per loro interesse. Sono battaglie spesso vinte, a volte vinte a metà... Sono però riuscito ad avere contributi dal Comune e dalla Provincia.

10.  Cosa ha significato per Lei essere stato Rettore di un Convitto Nazionale?

E’ stato un fatto estremamente importante, il Convitto mi ha permesso di esprimere tutte le mie effettive potenzialità, nel senso che ho avuto la possibilità di formare dei giovani, che ancora oggi a distanza di trenta, quaranta anni si ricordano non solo dell’Istituto, ma anche del loro Rettore.

11.  Che ruolo ha ora nella sua vita il Maria Luigia?

Avendo istituito nel 1986 un Collegio Europeo ed  essendone vicepresidente, mi occupo ancora dei problemi del Collegio, anche se questo è un soggetto giuridico separato dal Convitto. Esso si occupa della formazione di giovani laureati in discipline giuridiche ed economiche, con una specializzazione in diritto ed economia comunitaria.

12.  Che ricordi Le sono rimasti della nostra scuola?

Positivi, molto positivi, anche perchè quei rapporti umani che ho avuto con i docenti e con gli alunni sono stati sempre estremamente simpatici, produttivi, costanti e assidui nel tempo.

13.  Che cosa pensa dei cambiamenti che stanno avvenendo nella scuola?

Proprio ieri sono stati approvati i nuovi cicli. Queste riforme mi lasciano perplesso, anche se una rivoluzione si rendeva necessaria, dal momento che la vecchia scuola non garantiva ai giovani una formazione di livello europeo. Occorre aumentare il numero dei diplomati (il 39% in Italia, contro l’85% della Germania) e nello stesso tempo migliorare la qualità della formazione, in modo che i nostri giovani possano essere effettivamente competitivi in Europa. Il problema si dovrebbe risolvere attraverso una nuova professionalità dei docenti, nuove tecnologie come la multimedialità che permette di ridurre i tempi di apprendimento. Occorrono perciò cambiamenti della metodologia e della didattica che saranno possibili in virtù dell’ autonomia riconosciuta alle scuole.

14.   Quale messaggio si sente di inviare agli studenti della scuola?

Lo studio è fondamentale per la vita. Non studiate per la scuola, per i vostri insegnanti, per i vostri genitori, studiate per voi stessi. Il patrimonio culturale è l’unico patrimoni intoccabile. Potete essere figli di principi, di magnati, di industriali, potete possedere tutti i beni di questo mondo, ma se vi manca la cultura vi manca il patrimonio giusto, perché tutti i beni si possono perdere, questa no.

15. Pensa che la città conosca la storia e il patrimonio artistico del Convitto?

No, non li conosce. Anni fa ho tenuto al Lyons una conferenza e mi sono accorto che non conoscevano né la storia dell’istituzione, né quella della struttura, due storie importanti per la vita di Parma. I Parmigiani dovrebbero sapere che il Convitto Nazionale è la seconda istituzione di Parma, dopo l’Università nata attorno all’anno 1000. Esso è più antico dello stesso Comune...

16.  Che cosa si potrebbe fare per valorizzarlo?

Con attività provenienti dall’interno. Valorizzarsi significa imporsi all’attenzione della collettività, non solo locale di Parma o regionale o nazionale, ma addirittura europea. Quand’ero Rettore, abbiamo mandato in tutta Europa un depliant in varie lingue che illustrava le caratteristiche del Convitto. L’obiettivo che ho sempre perseguito era uno solo: creare un collegio, anche con posti gratuiti,  cui potessero accedere giovani e docenti di più nazionalità. Anche gli strumenti organizzativi devono essere adeguati, come ad esempio la settimana corta che potrebbe essere tranquillamente adottata in una struttura come questa, dando la possibilità ai giovani di rientrare in famiglia ogni fine settimana.

  Disegno di Federico Mordacci, III A